Circa il 40% dell’energia che attualmente consumiamo in Italia proviene dal gas naturale, che in termini ambientali è quello meno impattante.
La transizione energetica, argomento di primo piano dei nostri giorni e del prossimo futuro, non è così semplice come possa sembrare e richiederà qualche decennio. La soluzione non può prevedere l’utilizzo di una singola tipologia energetica, bensì un ventaglio di fonti che si integrano: eolico, solare, idrogeno, biometano, ma anche una parte di fossile e in questo ambito il gas naturale impatta meno in termini ambientali.
Ma facciamo un passo indietro, analizzando la situazione del gas naturale.
Attualmente le fonti fossili (tra cui il gas) alimentano circa 80% delle nostre attività globali.
L’Italia è un Paese che utilizza molto gas naturale, ossia il 40% di tutta l'energia che consumiamo.
Il 90% del gas che consumiamo viene importato dall'estero, attraverso delle “porte”.
Abbiamo 9 porte di ingresso in diversi punti della nostra penisola:
Ma una volta giunto in Italia da queste porte, cosa succede al gas?
In Italia ci sono ben 32.000 chilometri di rete di trasporto, una cosa davvero enorme. Il gas che arriva dalle porte che abbiamo visto, entra in dei tubi che costituiscono la rete di trasporto nazionale (tubi con un cospicuo diametro, anche quasi di un metro e mezzo) e poi si ramifica nelle varie sotto reti di trasporto regionali, che giungono alle centrali termoelettriche, alle industrie e ovviamente anche nelle nostre case.
La rete è chiaramente cresciuta nel tempo. Nel 1950 c'erano 700 chilometri di tubature; dopo 25 anni, nel 1975, la rete già raggiungeva 13.000 chilometri, fino ad arrivare ai 32.600 chilometri di oggi.
Certo. La rete è stata progettata con dei solidi criteri. Dai cosiddetti “shaking test”, ossia la verifica di resistenza dei tubi allo scuotimento (ad esempio per un eventuale e malaugurato terremoto), all’utilizzo di tr acciati che seguono i lineamenti geologici più sicuri: fondovalle, terrazzi, dorsali. La massima attenzione è riposta al tema sicurezza, chiaramente; così come essenziale è l’attenta e costante manutenzione. La sicurezza insita nella rete è anche dimostrata dal fatto che tutti i recenti terremoti, registrati in Italia, non hanno mai provocato danni alla rete stessa.
Affinché il gas possa muoversi adeguatamente nei tubi della rete, lungo il percorso ci sono degli impianti di compressione, dotati di giganteschi motori (turbocompressori), ossia turbine che servono a dare al gas una spinta costante, permettendone appunto il flusso continuo lungo la rete. Ma come viene gestito tutto questo? Attraverso un grande centro di dispacciamento della SNAM, altamente tecnologico, dove viene gestita tutta la rete di trasporto del gas nazionale dell'intero sistema Italia. Tramite un enorme muro di schermi per un totale di circa 50 metri quadrati, gli operatori controllano e gestiscono costantemente l'intera rete nazionale, 24 ore su 24, 365 giorni l'anno. L’elevata tecnologia garantisce il corretto funzionamento della rete, gestisce la complessità e le variazioni della domanda, a seconda dei periodi dell'anno. Ad esempio se per un giorno particolarmente freddo c'è bisogno di più energia, tale informazione arriva al centro che, dopo una serie di check di verifiche, da l'ok alle immissioni di un extra volume di gas naturale in rete.
In Italia abbiamo anche un ottimo sistema di stoccaggio, molto meglio degli altri Paesi Europei.
Una parte del gas che arriva in Italia viene conservata nei giacimenti di stoccaggio, ossia vecchi giacimenti d i gas naturale ormai vuoti, riutilizzati per questo scopo. A cosa serve fare lo stoccaggio?
E’ un modo per avere una scorta qualora ne servisse di più in una stagione particolarmente fredda ma anche una soluzione strategica, nel caso in cui ci fossero interruzioni o riduzioni degli approvvigionamenti extra europei. Non solo, in inverno i consumi sono di molto superiori rispetto all'estate; se non avessimo lo stoccaggio dovremmo importare più gas dall'estero, con certezza di maggiori prezzi ed elevato rischio di non riuscire a soddisfare la domanda.
Dalla rivoluzione industriale abbiamo accelerato così tanto la produzione di CO2 (anidride carbonica), che purtroppo abbiamo destabilizzato gli equilibri naturali del clima. Verrebbe da pensare, quindi, che ora dovremmo utilizzare solo energie rinnovabili. Ma purtroppo queste fonti, sebbene molto opportune e da intensificare, da sole non bastano a coprire il fabbisogno. Nei prossimi decenni certamente il solare e l’eolico saranno fondamentali per ottenere elettricità pulita ma si stima che potranno coprire circa metà del fabbisogno energetico; per l'altra metà serviranno altre forme di energia. Inoltre c’è da considerare il fatto che solare ed eolico sono energie non sempre disponibili, intermittenti e stagionali. Dovranno quindi necessariamente essere accompagnate da altre soluzioni per soddisfare i nostri consumi (che in ogni caso si tenderà a ridurre utilizzando tutte le nuove tecnologie).
Insomma ad oggi, se non facessimo più affidamento ai gas naturali, forse quasi mezza Italia si troverebbe in grande difficoltà energetica.
Cosa c'entra quindi tutto questo sistema del gas naturale con la transizione energetica?
La transizione, come dice la parola stessa, non è una soluzione off-on, ma un processo che richiede tempo e deve essere per forza un passaggio graduale.
Abbiamo l’opportunità di utilizzare questa rete di tubazioni non solo per il gas naturale, ma anche per l'idrogeno e per il biometano, due gas rinnovabili e sostenibili.
L'idrogeno è principalmente un vettore energetico, ossia in grado di immagazzinare energia e quindi concettualmente come l'elettricità. La molecola di idrogeno però (H2) in natura non si trova, bisogna produrla a partire dall’acqua; la produzione di idrogeno oggi costa ancora parecchio ed è per questo che alcuni dubitano del suo potenziale. C’è da riflettere però, perché anche i costi del solare inizialmente erano molto elevati, poi la tecnologia si è sviluppata ed ora è molto competitivo. Stessa cosa sta succedendo con l'idrogeno.
La SNAM sta investendo moltissimo sull'idrogeno e, secondo le loro previsioni, entro il 2024 l'idrogeno verde, cioè ricavato da fonti rinnovabili, comincerà ad essere una realtà sempre più estesa e dal 2026 potrà raggiungere un livello di prezzo competitivo con le fonti fossili.
Una volta messo a punto il sistema, l'idrogeno è pressoché illimitato e può essere trasportato su lunga distanza e stoccato e soprattutto non emette CO2. Nel 2019 la stessa SNAM ha condotto degli esperimenti, con l'immissione di idrogeno al 10% in un tratto di metanodotto. Il risultato è stato positivo, si è visto che funziona, quindi potenzialmente i tubi della rete esistente possono trasportare anche gas rinnovabili.
Il bio metano è un gas rinnovabile perché viene prodotto da biomasse di origine agricola, ossia produzione di gas naturale dallo sterco del bestiame, dalle colture dedicate e dall'organico urbano. E’ sostenibile perché è neutro in termini di CO2 e può ridurre in modo significativo anche le emissioni del settore agricolo, che in Italia rappresentano il 7% delle emissioni di gas serra.
La soluzione per il target di zero carbon entro il 2050 richiede sforzi enormi e non esiste un'unica soluzione, ma un ventaglio di soluzioni.
Di certo si spingerà sul solare e l'eolico, sul biometano, sull'idrogeno, sulla cattura e stoccaggio di CO2. Ma per raggiungere il risultato c’è bisogno anche di una parte di fossile e in questo ambito il gas naturale è quello meno impattante in termini ambientali. A differenza del petrolio e del carbone infatti, il gas naturale dovrebbe essere visto come uno strumento utile alla transizione energetica, che accompagna allo sviluppo delle rinnovabili. Più veloci saremo, prima il fossile scomparirà. Entro il 2050 SNAM prevede di trasportare, nei tubi di cui abbiamo parlato, solo gas rinnovabili.